Genere, uguaglianza e comunità. Dal convegno una visione per il futuro.
Per i 50 anni di Cadiai una riflessione in comune con istituzioni e stakeholder sullo stato del lavoro di cura oggi e sul suo futuro.
Un momento di incontro per parlare di diritti, lavoro di cura e innovazione sociale, con tante e tanti ospiti che hanno dato il loro prezioso contributo al dibattito. È quello che si è tenuto martedì 24 settembre 2024 all’Oratorio San Filippo Neri di Bologna, in occasione del convegno “Una storia e un futuro di cura e di lavoro”, dedicato ai 50 anni di Cadiai.
Fin dalla breve presentazione l’incontro si è soffermato poco sulle celebrazioni e molto sul presente e sul futuro. Dalla storia di Cadiai è riemersa quell’energia positiva e trasformativa tipica degli anni in cui Cadiai nasceva. La collettività era protagonista, lo erano i diritti e il welfare non era solo una “spesa”, ma la promessa di un futuro di benessere. I tempi cambiano.
Ma come ha giustamente ricordato la nostra Presidente in apertura di Convegno “non è mai stato facile”. Non fu facile, elenca Giulia Casarini, far riconoscere la professione di assistente domiciliare negli anni settanta dal Ministero del Lavoro, affrontare la chiusura dell’ospedale psichiatrico cittadino, avviare le prime residenze per anziani, costruire le prime finanze di progetto sui nidi d’infanzia. E l’elenco continua. Coraggio, intuizione, tenacia. Era questo l’equipaggiamento delle “donne di Cadiai”, così erano chiamate, non sempre con simpatia, dai vari interlocutori. Per una volta, diremmo oggi, un femminile sovraesteso. Ma è con lo stesso atteggiamento che Cadiai guarda all’oggi e progetta il futuro.
Lo stato dell’arte
Avere un quadro chiaro del contesto politico-sociale è fondamentale per mettere a terra proposte credibili e progetti efficaci per il futuro. Su questo tema è intervenuto l’economista Giovanni Maria Mazzanti puntando i riflettori sul deficit del nostro Paese, che condiziona e limita gli investimenti necessari per la tenuta del nostro sistema di welfare, per renderlo adeguato a un Paese in cui l’aspettativa di vita è tra la più alte del mondo. Il welfare si trasformerà in un lusso? Non necessariamente, se la politica riconoscerà il suo ruolo prioritario per la crescita. In questo quadro ecco un punto di attenzione: il ruolo della cooperazione sociale, che offre risposte e garantisce sviluppo. In Emilia-Romagna parliamo dell’8,5% delle imprese, il 15% degli addetti totali e il 7% del valore aggiunto generato sul territorio.
Che genere di numeri
Si aggancia ai numeri l’apertura della tavola rotonda che mette a confronto Rita Ghedini, Simona Lembi e Azzurra Rinaldi. È quest’ultima a mettere il dito nella piaga dell’occupazione femminile in Italia. Le donne che riempiono le loro giornata con il lavoro di cura non retribuito sono il 65% contro il 39% della media europea; gli stipendi delle donne non arrivano al 58% della media dello stipendio dei maschi. Ma attenzione! Quella percentuale era il 73% nel 2012. Non solo le cose vanno male, vanno peggio…
Non stupisce, visto il clima culturale che si respira in Italia e non solo, dove la figura quasi sacra della donna madre spinge in ombra il novecento di conquiste delle donne.
A dispetto di questa cultura, i dati parlano del primato delle donne negli studi, ambito in cui il merito trova ancora un suo spazio. Così come lo trova nel mondo cooperativo. Lo racconta Rita Ghedini che esordisce con “siamo un buon datore di lavoro per le donne”. Le occupate sono il 60% del totale (il 75% nella cooperazione sociale); i contratti a tempo indeterminato prevalgono; i diritti sono non solo rispettati, ma promossi. Ma si può fare di più, soprattutto se la politica inizia a cogliere l’importanza del welfare come motore di sviluppo e coesione delle comunità. Nel cuore del convegno risuona come uno slogan: meno ponti stradali, più ponti tra le persone.
Simona Lembi mette l’accento sull’occupazione femminile sottolineando l’eccellenza emiliano-romagnola: il 64% contro la media nazionale del 50-52%, ma la media europea è al 70%.
Interessante l’excursus sul tema delle disuguaglianze crescenti, cifra di nostri tempi, e del piano per l’uguaglianza messo in cantiere dall’amministrazione bolognese.
Uguaglianza è futuro
Questa parte centrale del convegno ha avuto il pregio di nominare i valori sui quali costruire il futuro, i valori di sempre della cooperazione ma visti da nuove prospettive. Quella di genere, ad esempio, con la sua capacità di ripensare le relazioni sociali ed economiche. Uguaglianza ed equità risuonano anche nell’intervento di Simone Gamberini che anticipa in parte i temi della seconda tavola rotonda dove, parlando del lavoro del futuro, prende corpo la funzione propulsiva e innovativa del rapporto pubblico/privato. Ne parla Francesca Battistoni, che chiama le imprese a co-programmare con le pubbliche amministrazioni e invita entrambi i soggetti alla responsabilità di mettere al centro il bene comune.
In aperto contrasto con la cultura del “bonus” statale, citata da Sandra Zampa, che rimanda a una concezione caritatevole e privatistica del welfare, senza una visione universalistica.
Matteo Lepore vede nel ritorno della militanza e della partecipazione la chance per rimettersi, insieme, sulla strada giusta per un nuovo patto tra imprese, istituzioni e comunità. Sulla stessa linea, Pierluigi Stefanini aggiunge un nodo alla rete, quello delle Fondazioni che rappresentano realtà dinamiche, capaci di iniettare risorse per una nuova stagione di speranza, di cura e di lavoro.
Restare un esempio
Cinquanta anni di vita, un fiume in piena di ricordi e di esperienze. Come ha ricordato Stefanini, Cadiai è cresciuta con il welfare. La sfida allora è continuare a crescere, non solo come impresa ma, appunto, insieme a tutta la comunità. Pensare al bene comune, e restare un esempio.