Una buona strada per riprendere il cammino

“Mi pare che nel momento in cui le mie gambe cominciano a muoversi, i miei pensieri cominciano a fluire”. Parola di Thoreau, ma potremmo citarne mille di pensatori, a partire dagli antichi greci, che hanno trovato nel cammino la strada verso se stessi. Per questo oggi il cammino è anche terapia, come racconta Germana Grandi, coordinatrice pedagogica di un nostro nuovo, avvincente, progetto premiato per il suo valore innovativo.

“Qualche anno fa”, racconta Germana Grandi, coordinatrice pedagogica del progetto, “stavo andando al lavoro e ho ascoltato un’intervista alla radio. La presidente di un’associazione veneta raccontava di un’esperienza di pellegrinaggio educativo: un ragazzo in messa alla prova e un volontario avevano percorso il Cammino di Santiago come esperienza rieducativa. Lo scopo era dare al ragazzo il tempo di riflettere su ciò che aveva fatto e rivedere la propria visione del mondo. Mentre guidavo ho iniziato a pensare che anche Cadiai avrebbe potuto sostenere un percorso del genere, avendo competenze e mezzi. E da quel tragitto in macchina è iniziata la nostra avventura.”

Una collaborazione per “Riprendere il cammino”
Il progetto “Riprendere il Cammino” nasce dalla collaborazione di più partner che, come in un puzzle, hanno contribuito alla sua costruzione generale. Il Dipartimento di Scienze della Formazione di Bologna, con il Professor Decembrotto e il Professor Tolomelli, ha dato spessore e valore epistemologico, Sportfund Onlus ha contribuito alla parte relativa al Nordic Walking, USSM (Ufficio Servizi Sociali Minori del Dipartimento di Giustizia) ha supervisionato il percorso e inviato i ragazzi idonei al progetto, Cadiai, con Gloria Verricelli, coordinatrice gestionale, e Germana Grandi, coordinatrice pedagogica, ha coniugato la teoria alla pratica.
La Fondazione del Monte ha fornito i finanziamenti per far partire il progetto.

Un esperimento di inclusione sociale
“Riprendere il Cammino” è un progetto sperimentale di inclusione sociale per minori e giovani adulti. Il suo focus principale è dare la possibilità ad alcuni ragazzi in messa in prova di vivere un’esperienza in un contesto positivo, accogliente e non giudicante, in cui non conta cosa hai fatto ma ciò che farai. La messa alla prova è uno strumento previsto dalla normativa per il reinserimento sociale di minori e neo maggiorenni. È alternativo ai percorsi giudiziari tradizionali, che sono sospesi a favore di un percorso di prova la cui finalità di responsabilizzare i giovani imputati. Se la prova ha esito positivo il giudice può dichiarare estinto il reato. L’impatto costrittivo ed afflittivo della pena viene meno e si coniuga l’esigenza di dare una risposta al reato con quella di proteggere il percorso evolutivo delle persone coinvolte.

Imparare a pensarsi in modo diverso
L’aspetto sperimentale del nostro progetto consiste nell’unire un’attività socialmente utile a un percorso di riflessione su di sé e sulla propria visione del mondo.
I giovani coinvolti nel progetto sono stati invitati a fare volontariato accompagnando persone con disabilità in uscite di Nordic Walking. In situazioni caratterizzate dalla bellezza della natura e con l’affiancamento di educatori specializzati, si è creata un’atmosfera ideale per riflettere.
La messa alla prova, infatti, ha la finalità di condurre alla comprensione di cosa c’è di sbagliato nel reato commesso e soprattutto di far capire il valore della volontà di “rimediare” partecipando ad attività socialmente utili.

A grandi passi nella pratica
Il gruppo creato per il progetto include 4 ragazzi in messa in prova (tutti maschi di cui 3 appena maggiorenni e uno minorenne), 3 educatori professionali Cadiai (di cui uno laureato in Scienze Motorie e istruttore di Nordic Walking) e 3 tirocinanti dell’Università di Bologna.
Il progetto è stato strutturato in diverse attività: 4 incontri di formazione per gli educatori e i tirocinanti tenuti da Università, pedagogisti Cadiai, Sportfund e l’Arma dei Carabinieri; 1 uscita nel Parco di Villa Angeletti per conoscere gli educatori e apprendere i primi rudimenti del Nordic Walking; 3 uscite nei parchi bolognesi (Talon, Cedri, Angeletti) in accompagnamento a ragazzi con disabilità; 1 uscita di una giornata intera sull’Appennino con un piccolo gruppo di ragazzi con disabilità, e la presenza costante di educatori professionali e tirocinanti universitari.

Oltre le aspettative
I risultati sono andati oltre le aspettative, tanto da poter aggiungere un’ultima esperienza al percorso, ovvero l’evento del Brenta Open: i ragazzi hanno affiancato alcuni educatori ed una tirocinante in questa iniziativa che vede persone con forte disabilità psico-fisica sfidare le Dolomiti del Brenta in scalate e trekking in alta quota, coadiuvate da guide alpine.

Non sappiamo se abbiamo fatto la differenza nella vita di questi quattro ragazzi, ma sappiamo che abbiamo dato loro una nuova prospettiva. Una madre ci ha ringraziato perché il figlio, entusiasta dell’esperienza, ha parlato con lei a lungo come mai prima. Uno dei ragazzi, finito il “vincolo” dato dal Tribunale, ha continuato a frequentare le uscite di Nordic Walking come volontario e a sostenere i coetanei con disabilità nei percorsi. Un altro ancora ha accettato di fare l’educatore alla pari il prossimo anno e di frequentare un corso da istruttore di Nordic Walking.

La strada è lunga e in salita, ma basta muovere il primo passo per “riprendere il cammino”.

Progetto Riprendere il cammino