Dipendenze oggi: tra bisogni e risposte che evolvono.

Le dipendenze cambiano, cambiano i bisogni, cambiano le risposte. In questa intervista a due voci, il racconto del lavoro quotidiano tra prevenzione e riduzione del danno da parte di un’operatrice e un operatore Cadiai, per offrire percorsi personalizzati e risposte integrate ai bisogni emergenti.

Ad inizio mese, Bologna è stata al centro del dibattito nazionale per la scelta di distribuire pipe per il crack come misura di riduzione del danno. Una decisione che ha diviso l’opinione pubblica, ma che si inserisce in una cornice più ampia: quella di un fenomeno in continua trasformazione, che richiede risposte aggiornate e flessibili.

Arginare il problema o costruire politiche di riduzione del danno

Negli anni Ottanta, i servizi per le dipendenze nacquero per rispondere all’emergenza eroina, dovuta alle morti per overdose e alla trasmissione delle malattie infettive. Negli anni Novanta si affermarono gli interventi di riduzione del danno, come lo scambio siringhe e le campagne di prevenzione sulla diffusione dell’AIDS.
Oggi lo scenario è molto più complesso: accanto alle dipendenze da sostanze illegali troviamo dipendenze da alcol e psicofarmaci utilizzati fuori prescrizione medica, la dipendenza da più sostanze e la diffusione di “nuove sostanze” di sintesi. A questo scenario si aggiungono le cosiddette “new addictions”, come gioco d’azzardo, uso compulsivo di internet o abuso di videogiochi

Il lavoro con chi è già dentro la dipendenza
Federica Marchesi, educatrice professionale Cadiai – Programma Integrato Dipendenze Patologiche e Assistenza alle Popolazioni Vulnerabili (Unità Mobile), del SerDP Pepoli dell’AUSL di Bologna.

«Ci occupiamo di ciò che accade dopo. Quando la dipendenza è già in atto, il nostro compito è accompagnare le persone, senza giudicare. Offriamo materiali, ma anche relazioni di fiducia, ascolto, tempo.»

Le misure di riduzione del danno riducono i contagi di malattie infettive, gli accessi in pronto soccorso, le cronicizzazioni, i decessi. E, di conseguenza, anche i costi per il sistema sanitario e per le risposte al deficit di sicurezza in ambiente urbano.

Il fenomeno delle dipendenze oggi è molto diverso dal passato. Cambiano le sostanze, le persone, i bisogni. Se un tempo il problema riguardava soprattutto i giovani, oggi i servizi si confrontano anche con persone anziane con dipendenze croniche. Parallelamente, cresce la presenza di migranti e di donne, portatrici di bisogni specifici che chiedono percorsi personalizzati

A non cambiare è solo lo stigma
Il rapporto tra dipendenza ed emarginazione si è invertito: spesso non è la sostanza a portare alla marginalità, ma il contrario. Solitudine, povertà, traumi, mancanza di reti: è da qui che nasce il bisogno di rifugiarsi nelle droghe o nell’alcol. Questo vale anche per molte persone migranti, che arrivano senza sostegni, con alle spalle detenzioni, torture, esperienze di guerra. In mancanza di alternative, il mondo delle sostanze può diventare – paradossalmente – un luogo più accogliente della società.

A questo si aggiunge il peso dello stigma, che colpisce anche interiormente: vergogna e senso di colpa ostacolano la possibilità di chiedere aiuto e alimentano narrazioni semplificate, amplificate da un’informazione mediatica che si concentra quasi sempre sugli aspetti più visibili del fenomeno.

Agire prima: la prevenzione è relazione
Mario Enrico Cerrigone, educatore professionale Cadiai – lavora in progetti di cura e prevenzione: Sottosopra e LOOP (Laboratorio Osservazione Organizzazione Prevenzione) del Ser.DP dell’Azienda USL di Bologna.

«Qui non si tratta solo di strumenti sanitari, ma anche – e soprattutto – di creare contesti in cui sia possibile parlare, confrontarsi, costruire consapevolezza.»

È questo l’approccio, ad esempio, del progetto Sottosopra, gestito dalle cooperative Cadiai e La Carovana attraverso un’équipe di educatrici ed educatori professionali, attivo nel territorio di San Giovanni in Persiceto e rivolto a persone con una diagnosi di dipendenza. Il lavoro di questo servizio è quello di provare ad intercettare bisogni complessi che vanno oltre la dipendenza stessa: solitudine, gestione del tempo libero, (re)inserimento lavorativo. All’interno dell’offerta di Sottosopra c’è il giornale l’urlo realizzato interamente da persone affette da una dipendenza. Nel 2025 il giornale ha festeggiato trent’anni di attività. Le operatrici e gli operatori si limitano a impaginare il giornale e correggere gli articoli mentre i contenuti – articoli, poesie, fotografie, rubriche, interviste – sono espressione diretta di chi partecipa. Il giornale, che oggi ha anche un blog aggiornato con regolarità (urloredazione.blogspot.com), non è solo uno strumento di comunicazione: è uno spazio per raccontarsi, elaborare la propria storia e dialogare su temi che vanno dalle dipendenze alle questioni sociali, culturali e politiche.

Dall’adolescenza alle nuove tecnologie
Il progetto LOOP, anche lui gestito da Cadiai e la cooperativa La Carovana, è attivo nei territori della pianura bolognese e propone laboratori e sportelli d’ascolto nelle scuole e sportelli territoriali, con lo scopo di fare prevenzione sui temi più delicati delle dipendenze. Sono attività rivolte a giovani, scuole e famiglie in un’ottica di prevenzione universale ed in rete con gli altri servizi pubblici.

Tuttavia oggi la prevenzione non si concentra più solo sulle sostanze, ma sul rafforzamento delle life skills, cioè quelle competenze emotive e relazionali che sono fattori di protezione decisivi rispetto alle dipendenze. Anche i nuovi media e l’intelligenza artificiale pongono nuove sfide educative e rischi di dipendenza, proprio per questo occorre svolgere azioni di prevenzione anche in questo ambito.

I segnali di una dipendenza in adolescenza sono difficili da cogliere: cali improvvisi nel rendimento scolastico, abbandono delle attività sportive, mutamenti emotivi marcati o impoverimento della rete amicale. A queste difficoltà si aggiunge un contesto in trasformazione: analfabetismo emotivo, iperprotezione, isolamento sociale, ansia da prestazione.

La prevenzione non riguarda solo chi cresce

«Incontriamo genitori, docenti, allenatori e allenatrici, comunità parrocchiali: sono tutte realtà educative, spesso disorientate. L’obiettivo è lavorare sulla cultura della relazione, non sul controllo.»

Contrastare lo stigma, costruire bellezza
La difficoltà maggiore resta culturale. Le dipendenze sono ancora raccontate in modo superficiale, attraverso stereotipi. Il fenomeno viene spesso rappresentato come immutato rispetto al passato, quando invece evolve continuamente con le trasformazioni sociali.

Le sfide sono complesse, trasversali e profonde. Per questo servono interventi flessibili, capaci di combinare prevenzione, riduzione del rischio e del danno, cura e reinserimento. In ultima analisi, contrastare le dipendenze significa anche offrire esperienze di bellezza e di senso, che restituiscano dignità e libertà alle persone.

Contrasto alle dipendenze e alla ludopatia