Dal conflitto all’accoglienza condivisa
Nel pieno della crisi in Palestina, il progetto di accoglienza della cooperativa CIDAS con la collaborazione di Cadiai, accompagna una famiglia della Striscia di Gaza in un percorso di autonomia e ricostruzione. Un lavoro di rete che mostra cosa può fare il Terzo Settore in un momento di crisi globale.

Nel pieno del conflitto che ha travolto la Striscia di Gaza e stravolto le vite di migliaia di civili, due cooperative sociali – Cadiai e CIDAS – hanno unito competenze e risorse per accompagnare un’esperienza di accoglienza che guarda oltre l’assistenza: un progetto integrato e radicato sul territorio.
Un progetto per Islam e la sua famiglia
Nel contesto del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) del Comune di Bologna, Cadiai gestisce tre posti presso la Residenza Parco del Navile, con accesso tramite ASP Città di Bologna. In alcuni casi si attivano interventi educativi specifici su percorsi di persone accolte all’interno di progetti SAI in gestione ad altre coopertative, come nel caso della famiglia di Islam Abuwarda, giovane donna palestinese arrivata da Gaza attraverso un corridoio umanitario e accolta in una struttura in gestione alla cooperativa CIDAS.
Con Islam sono arrivati in Italia i suoi due figli, la sorella minore, un nipote ferito da una bomba e bisognoso di cure ospedaliere. Una storia segnata dalla perdita del marito – rimasto sotto i bombardamenti – e da un quotidiano da ricostruire, passo dopo passo.
L’intervento educativo: presenza, fiducia, ascolto
Caterina Boriani, educatrice Cadiai, affianca la famiglia da settembre. Il suo ruolo va oltre l’ambito educativo in senso stretto: è una presenza quotidiana, fatta di piccoli gesti, ascolto e sostegno concreto. L’inserimento scolastico, i rapporti con i servizi sanitari, l’orientamento nel quartiere e le attività extrascolastiche sono solo alcune delle dimensioni seguite con attenzione.
Il lavoro quotidiano avviene in costante raccordo e allineamento con l’operatrice sociale dell’accoglienza e l’équipe multidisciplinare di progetto: la sinergia che ne scaturisce è ciò che permette di supportare al meglio il nucleo familiare, ascoltandone i bisogni e strutturando percorsi personalizzati.
Il momento forse più delicato è stato quello in cui Islam ha dovuto comunicare ai figli la morte del padre. Lo ha fatto con parole semplici ma profonde, radicate nella sua fede, trasmettendo ai bambini un senso di serenità e protezione. Un gesto che ha lasciato il segno anche in chi le era accanto, come racconta Caterina: «Quello che conta è la quotidianità. Non servono gesti eclatanti. Serve esserci, davvero. Islam, nella sua semplicità e forza, è diventata per me una maestra di vita. Ogni giorno, da lei, imparo qualcosa.»
Integrazione: una strada lunga ma possibile
L’inclusione resta un processo complesso, fatto di tappe e di traguardi, alcuni già raggiunti, altri ancora da costruire. Il legame con la comunità palestinese è forte, mentre l’inserimento nel territorio locale procede con lentezza, ma con costanza.
I bambini frequentano la scuola e hanno imparato a riconoscere nuovi luoghi, come la biblioteca del quartiere, che è diventata per loro uno spazio familiare. Hanno partecipato a incontri, preso in prestito libri, vissuto esperienze capaci di restituire fiducia e curiosità.
Walaa, la sorella minore di Islam, dimostra una maturità sorprendente: si prende cura della casa e dei nipoti, ha partecipato a un corso di pallavolo e, dopo aver concluso la quinta elementare, si prepara a iniziare la scuola media.
Intorno alla famiglia si è attivata una rete solida e quotidiana: CIDAS si occupa, nell’ambito del progetto SAI Ordinari, di accoglienza integrata, che affianca a interventi materiali di base, a servizi volti a favorire l’acquisizione di strumenti per l’autonomia; Cadiai garantisce il supporto educativo, il coordinamento con la scuola e la relazione educativa continua. Accanto a loro, volontarie, insegnanti, una pediatra sempre disponibile e una comunità che risponde con attenzione.
La forza della collaborazione
L’esperienza racconta quanto l’accoglienza sia un processo complesso, fatto di piccole conquiste e grandi fatiche. Ma dimostra anche che l’accoglienza può diventare reale quando il lavoro sociale si fonda sulla fiducia, sulla continuità e sulla capacità di collaborare.
Il Terzo Settore, in questo, può essere motore di trasformazione: non solo nei servizi, ma nelle relazioni, nelle pratiche quotidiane, nella costruzione di comunità solidali.
Islam oggi sogna di diventare maestra d’asilo. Frequenta corsi di italiano e ha portato la sua testimonianza fino in Senato, in occasione del convegno “Altro che Food for Gaza” promosso da Altreconomia.
Una voce che racconta, con forza e dignità, cosa può significare davvero essere accolti.