Mafia Capitale, Legacoopsociali apre un dibattito dopo i fatti di Roma

Dopo i fatti di Roma, Legacoopsociali apre un dibattito e pubblichiamo volentieri l'intervento di Paola Menetti, Presidente Nazionale di Legacoopsociali

 

Una agenzia di stampa ieri ha titolato "l'imbarazzo di Legacoopsociali". Imbarazzati? Anche, ma è davvero il meno, è un eufemismo. Noi siamo profondamente scossi da una vicenda che ci ha colpito come un violentissimo ceffone in pieno viso. Sentiamo, mi viene da dire quasi fisicamente, che è molto grave la ferita alla reputazione di tutta la cooperazione sociale. E la sentiamo intollerabile, perché i fatti che l'hanno prodotta sono intollerabili.

 

La Magistratura li accerterà compiutamente, ma quanto sinora emerso è più che sufficiente per considerarli del tutto incompatibili con l'idea e la pratica di cooperazione e cooperazione sociale che sosteniamo e cerchiamo di rappresentare, e dunque con la stessa appartenenza a Legacoop. E domani, noi vogliamo nominarla, all'Alleanza delle Cooperative.

 

Come giustamente e ripetutamente ribadito dal Presidente Lusetti, siamo e ci sentiamo vittime di questo viluppo di illegalità e criminalità, e dunque condividiamo la costituzione come parte civile, di Legacoop, di Legacoopsociali, e delle organizzazioni che danno vita ai diversi livelli all'Alleanza delle cooperative che vorranno farlo, per il danno subito dai cooperatori e dalle cooperative.
Questa è la nostra posizione, con nettezza, sul che fare, ora che conosciamo, grazie all'azione della Magistratura, quello che è successo.

 

Sappiamo che, prima di oggi, sono stati certamente messi in atto i controlli previsti dalla legge. Diverse banche e soggetti finanziari hanno valutato la situazione della cooperativa e le hanno concesso finanziamenti.

 

Sappiamo che niente ci renderà mai del tutto immuni dal rischio che anche nel nostro mondo possano esserci persone disoneste. E coloro che delinquono evitano sicuramente di venirlo a raccontare a chi, peraltro, non ha ruolo né potere di indagine giudiziaria.

 

Tuttavia, ognuno di noi, da subito, si è fatto, ci siamo fatti tra noi, le domande che poi comprensibilmente e giustamente ci sono poste dagli altri, a partire dagli operatori dell'informazione. Possibile che prima nessuno avesse saputo o capito niente di quello che stava accadendo? Nessuno dentro le istituzioni, dentro la politica, e anche tra noi? Cosa abbiamo sottovalutato, o non contrastato nel modo giusto? Come abbiamo vigilato e controllato?

 

Sono domande a cui non si sfugge.

 

Non solo per capire come è potuto accadere, ma soprattutto perché non possiamo né vogliamo accettare, per i comportamenti di alcuni, di essere tutti perennemente costretti in difesa, accusati di occuparci dei più deboli non per perseguirne la promozione umana e l'integrazione ma per fare soldi, di chiedere alle istituzioni risorse e investimento sui servizi e sul welfare non per rispondere ai bisogni dei cittadini ma soprattutto per aumentare fatturati, profitti, potere. Di non essere trasparenti. Di essere troppo dipendenti dalla politica, e quindi inevitabilmente collusi con gli sprechi e le inefficienze delle Pubbliche Amministrazioni, deboli e quindi disposti a tutto pur di vincere l'appalto, anche alla corruzione.

 

E' singolare che questa lettura di noi, della cooperazione sociale, sia tra gli altri evocata con una certa costanza proprio da chi sostiene che solo un'imprenditoria sociale in cui abbia ben maggior spazio il profitto può dare le risposte, e le garanzie, necessarie al Paese per il futuro. Da chi poco o nulla si è indignato pubblicamente per il coinvolgimento dell'impresa di capitale e di significativi soggetti finanziari in fatti eclatanti di corruzione in diverse zone del Paese. Da chi pare avere già archiviato come rottame la possibilità e l'esercizio di un ruolo delle istituzioni pubbliche a garanzia dei diritti di cittadinanza.

 

E tuttavia non possiamo limitarci a ribattere su ciò che non siamo e che ingiustamente ci viene attribuito o addebitato. La responsabilità, tutta nostra, è promuovere quello che siamo e che vogliamo essere, renderlo manifesto nel concreto agire imprenditoriale delle cooperative. Anche il nostro impatto sociale deve essere "misurabile".

 

Chi siamo, cosa vogliamo essere e fare lo abbiamo discusso e condiviso nei nostri documenti congressuali un anno fa. Lo abbiamo ribadito dando il nostro contributo ai documenti preparatori dell'imminente 39° Congresso di Legacoop.

 

E' molto, ma non basta. Abbiamo bisogno di lavorare di più e meglio per condividere contenuti, metodologie e strumenti utili a sostenere la responsabilità di cooperative e territori rispetto alla coerenza tra l'agire concreto e gli obiettivi che ci siamo dati collettivamente.

 

Crediamo che serva per questo una riflessione aperta e sincera tra i cooperatori della nostra associazione, sul momento che viviamo e sui contenuti riconoscibili a base della nostra appartenenza ad una organizzazione comune di rappresentanza. Il nostro giornale può essere lo strumento per diffondere i contributi che potranno arrivare, e che auspichiamo. Alcuni già sono pervenuti, e via via li pubblicheremo nei prossimi giorni.

 

I fatti orribili di questi giorni riguardano principalmente una cooperativa aderente a Legacoop. Siamo i primi ad esserne interpellati. E tuttavia ci pare che questi fatti inducano domande, oltreché conseguenze, significative per tutta la cooperazione sociale.

 

Nel merito, alcune delle considerazioni che abbiamo letto nella intervista al Portavoce Aci Sociali, Guerini (giovedì 4 dicembre, Vita.it) non ci hanno convinto, e confessiamo che ci è dispiaciuto cogliervi soprattutto la proposizione della propria distinzione come singola organizzazione.
Condividiamo la grande preoccupazione che Guerini esprime, e per questo non dubitiamo sulla possibilità, oltreché sulla necessità, di confrontarci per trovare insieme le risposte condivise. La nostra riflessione è un contributo a questo percorso.

 

Paola Menetti – Presidente Nazionale Legacoopsociali