Canelones cooperativo

Appunti di viaggio di un cooperatore sociale in “missione” in Uruguay.

 

Pubblichiamo il resoconto della “missione” in Uruguay di Alessandro Micich, in rappresentanza della Cooperazione Sociale di Legacoop Bologna, nell’ambito del “programma di riattivazione economica e creazione di impiego attraverso la forma del cooperativismo ed il recupero di imprese” culminato con un seminario internazionale di economia sociale a Canelones (periferia di Montevideo). Si tratta di un progetto promosso in Italia dalle Organizzazioni Non Governative (Ong) Cospe e Iscos con il sostegno di Legacoop Bologna e la partecipazione di CADIAI.

All’arrivo al Carrasco, l’aeroporto di Montevideo, mi accoglie Richard. Il suo è un taxi cooperativo, otto soci e quattro autovetture nel traffico caotico della capitale. Rivendica con orgoglio questa dimensione. Forse è il suo modo per offrire il benvenuto al delegato di Legacoop Bologna, ma nelle sue parole c’è tutto il fervore e l’entusiasmo che anima la loro scelta: valoriale ancor prima che imprenditoriale.
Le sue origini sono italiane, come quelle della stragrande maggioranza degli uruguayani, e sebbene non ricordi quasi nulla della terra dei suoi avi, un paesino del basso Piemonte, le sue informazioni sulla politica in Italia sono molto più che un dispaccio di agenzia. È il mio primo filtro al NuovoMondo e alla meta trascurata da tour operator e mezzi di comunicazione.

 

Ed il primo dato è che l’antipolitica non germoglia: quattro anni fa ha vinto le elezioni il Frente Amplio, la coalizione allargata di tutto il fronte progressista; si tratta della prima volta nella storia di questo paese finalmente al termine della sua transizione; ed il clima, che assaporerò ancora nel corso di tutta la settimana, è quello di un cantiere in costruzione in cui tutti paiono voler apportare il proprio contributo.

 

Se molti di noi hanno presente l’Argentina del 2001, gli indici finanziari in default e quelli di disoccupazione alle stelle, non risulta difficile immaginare quanto avvenuto sulla sponda opposta del Rio de La Plata, dove solo i numeri ridotti in termini di investitori esteri ed abitanti (3 milioni soltanto) hanno reso meno mediatica una situazione altrettanto complessa.  

 

“Ave Fenix” è la prima cooperativa che ho l’occasione di visitare nel distretto depresso di Canelones, oggetto dell’intervento della Ong Cospe in raccordo con la Federazione Nazionale delle Cooperative di Lavoro uruguayane. Si tratta di un’attività di riciclaggio rifiuti costituita da venti soci, ognuno di essi proveniente dalla strada: ex cartonai, riciclatori individuali che si sono rimessi in gioco nell’ambito delle politiche della differenziazione e successiva vendita di vetro, alluminio e plastica ad alcune imprese locali. Hanno scelto la simbologia dell’araba fenice per comunicare il loro percorso, ma cenere, intorno, ne rimane ovunque.

 

Le strade di Montevideo sono piene di occupazioni precarie ed improvvisate: da quelle più conosciute nelle nostre periferie (parcheggiatori e lavavetri) ad altre da noi abbandonate (lustrascarpe) o del tutto sconosciute (misuratori di pressione ai tavolini dei bar). Il denominatore comune è il garbo con il quale la prestazione viene offerta, spesso accettata (i cinque pesos che sono pure il titolo di una canzone in voga) e comunque mai tradita da rifiuti insofferenti. È probabilmente il frutto di un senso generale di precarietà che si traduce in una naturale empatia verso tutti gli esclusi dai processi di mercato, ma la sensazione di discontinuità con le relazioni delle nostre comunità non è meno rilevante.  

 

In questo clima apprendiamo la storia di 97 lavoratori di un’industria di congelamento della carne, i quali, pur ricollocati faticosamente dopo la serrata del 2001 in aziende del distretto, si sono riuniti in una cooperativa di produzione al fine di riacquisire i mezzi di produzione e la proprietà della fabbrica. Luis, Adriana e Jorge, che incontriamo in un ufficio della città di Pando nel nostra visita al distretto, ci raccontano le loro difficoltà con la banca, ultimo e principale ostacolo alla concessione della linea di finanziamento necessaria a riavviare la produzione di quello che considerano il “loro” lavoro. Il progetto d’impresa si fonda su indagini di mercato approfondite, una base sociale composta da manodopera qualificata e forti legami con il territorio. Tuttavia, a dispetto di idealità e principi organizzativi, il problema principale, per questa come per altre esperienze, resta sempre il credito.

 

Daniele Borghi, presidente della cooperativa di inserimento lavorativo Samarcanda di Firenze, che mi accompagna in questo viaggio, rievoca il clima degli albori della cooperazione sociale in Italia: la forte impronta ideologica, la diffusa partecipazione, l’orizzontalità dei ruoli. La nostalgia, tuttavia, qui si ferma. L’estemporaneità e la precarietà è il tratto comune di molte esperienze di cui veniamo a conoscenza. È il caso delle educatrici della cooperativa “Manos unidas por un futuro mejor”, le quali, sulla base di un progetto pedagogico-organizzativo mirato, hanno attivato il primo ed unico nido della città di Canelones. Purtroppo il vincolo è rappresentato dalla disponibilità di spazio offerta dalla locale parrocchia ed i limiti sono quelli di un servizio ancora poco sostenuto da politiche pubbliche in grado di valorizzare appieno le esperienze del privato-sociale.

 

In questo contesto di fragilità istituzionale è nata l’idea di consolidare il tema della rete e delle alleanze, al centro del seminario internazionale a cui partecipiamo nei due giorni conclusivi della settimana. È, in questo ambito, che le leadership del movimento cooperativo uruguyano, brasiliano e argentino, insieme alle loro basi sociali, si sono confrontate sulle strategie in cui investire il proprio futuro: il passaggio dal monadismo all’integrazione, dalla specificità delle singole esperienze alla loro replicabilità, dalle conoscenze al loro trasferimento.

 

Si tratta, per quanto brutalmente sintetizzato nei principi e nel resoconto, di un processo complesso, impegnativo e non esente da contraddizioni. La cooperazione sociale italiana, che pur tanto ha ancora da interrogarsi su questi temi, può fornire, tuttavia, in nome del mutualismo e delle reti intercooperative, un circoscritto, ma significativo ed apprezzato contributo.

 

Alessandro Micich
Servizio Gestione Commerciale di CADIAI