Ali della colomba: secondo viaggio in Palestina dal 13 al 16 febbraio

Cronaca della visita agli asili palestinesi della nostra coordinatrice pedagogica, Daria Quaglia, nell’ambito del progetto “Ali della Colomba. Il progetto, che ha come partner il Comune di Bologna, ARCI e l’Associazione palestinese ECRC (The Early Childhood Resource Centre) di Gerusalemme, vuole essere occasione arricchente per entrambe le realtà, portando l’esperienza dei servizi all’infanzia bolognesi in un contesto così diverso.

 

Siamo partite Daria Balestrazzi, funzionaria del Comune di Bologna ed io, in una fredda mattina di Sabato 13 febbraio. Il meteo dava neve e noi temevamo che il nostro volo diretto a Francoforte alle 5,30 del mattino potesse essere cancellato. Tutto è andato bene invece ed atterrate a Francoforte, l’aereo che doveva portarci a Tel Aviv Israele era già pronto.

Ci siamo imbarcate su un Jumbo gigantesco a due piani, che conteneva 470 persone, quasi tutti pellegrini provenienti dall’Est e diretti in Terra Santa, così continuano a chiamare quei territori. Sì perché quella è una terra santa per tutti, cristiani, ebrei, mussulmani, ma anche armeni, copti, cristiani maroniti, anglicani, evangelisti, drusi etc. Ed in quell’aereo erano rappresentati tutti. Atterrate a Tel Aviv ci siamo rese conto che avevamo sbagliato completamente abbigliamento, c’erano 32 gradi e per noi che venivamo dalla fredda Europa è stato uno shock.

All’aeroporto ci sono venuti a prendere Stefano Brugnara, vicepresidente di ARCI Bologna e responsabile del progetto “Ali della Colomba” e Raffaele Spiga funzionario della Regione Emilia Romagna che vive e lavora da 5 anni a Gerusalemme, come responsabile dei progetti della nostra regione in quell’aerea, Miriam Traversi, responsabile scientifica, ci aspettava in albergo.
È cominciato così il secondo viaggio in quella zona, con l’obiettivo di incontrare il nostro partner nel progetto, l’organizzazione non governativa ECRC (Early Childhood Resource Centre), per concordare i contenuti del seminario che si terrà a Bologna il 15 Giugno a conclusione della prima parte del progetto.
Il programma prevedeva la visita ad alcune scuole dell’infanzia che sono state ristrutturate dal progetto “Ali della Colomba”, l’incontro con alcune delle formatrici che sono venute a Bologna nel Giugno del 2009 e alcune visite più istituzionali con il console italiano a Gerusalemme Ovest, con il Ministro dell’Educazione palestinese, con alcuni sindaci di paesi vicini ad Hebron.

 

Vorrei soffermarmi sugli aspetti più interessanti della visita.
Intanto i saluti delle formatrici che abbiamo ospitato a Bologna che ringraziano tutta la cooperativa per l’accoglienza, poi informarvi della volontà di ECRC di gemellare alcuni servizi nido in Gerusalemme con i nostri, poi farvi sapere che è stata condivisa la volontà di impegnarci per il seminario su alcune parole chiave, la partecipazione delle famiglie, la promozione di interventi laboratoriali nei servizi e… una riflessione sull’identità.

 

Questa riflessione non è facile, la stiamo conducendo in un nostro servizio, il  nido “Abba”, insieme ad altri servizi regionali, e richiede nervi saldi e una buona assunzione di responsabilità. Sappiamo tutti infatti che l’identità si costruisce fin dai primi giorni di vita tra due istanze che possiamo per facilità chiamare, la continua transizione tra singolare io e plurale il tutto. Il nostro tutto però non prevede l’identità nazionale sulla quale invece i nostri interlocutori Palestinesi fondano il focus del lavoro educativo.

 

Da qui prendo lo spunto per parlarvi di ciò che ho visto ad  Hebron. Hebron è una città di 170.000 abitanti a 20 Km da Gerusalemme in un territorio che sarebbe destinato ai Palestinesi.
Ci hanno accompagnato nella visita alcuni osservatori di una delegazione internazionale composta da sei paesi, tra i quali il nostro; questi osservatori sono smilitarizzati e girano nella città osservando ciò che accade e relazionando poi al proprio Paese, lo fanno a loro rischio e pericolo e gli incidenti ci sono, ci hanno accompagnato infatti come primo approccio sul monumento di due osservatori di 25 anni uccisi ad un posto di blocco. Abbiamo raggiunto il centro storico, ristrutturato recentemente con i soldi dell’Unione Europea, il giro prevedeva la visita al Suk, alla Tomba dei Patriarchi e alla piccola colonia ebraico/israeliana proprio nel cuore del centro storico.

 

Bene, abbiamo passeggiato, se così si può dire, nel Suk/mercato con gli occhi rivolti ad una rete fittissima che proteggeva la testa dei Palestinesi che vivevano nel Suk, non penso che si possa trasmettere perfettamente l’idea. Sarebbe come andare in piazza 8 Agosto di Venerdì ed essere protetti da una rete fittissima posta sopra il mercato per proteggerci dal lancio di sassi, sedie, tavoli e tanti altri oggetti che piovono dalle finestre delle case degli israeliani che abitano sopra il Suk. Nello stesso modo, il quartiere israelita è completamente protetto e circondato da filo spinato, cavalli di frisia, muri di contenimento e soprattutto check point che controllano il passaggio.

 

La sensazione è quella di due popoli che si sono reciprocamente messi in galera e che il lavoro educativo sulla costruzione di una identità fondata sull’appartenenza nazionale, sia insufficiente ad affrontare la realtà complessa nella quale vivono e vivranno. Ma io chi sono per poterlo affermare. In mezzo a questo inferno ci sono i bambini, che giocano, le mamme che li portano a scuola e che credono che il domani possa essere migliore per i loro figli e per questo lottano e letteralmente risparmiano per pagare loro le scuole, perché tutte le scuole sono a pagamento e a circa 30 Km da Ramallah abbiamo visitato una scuola dell’infanzia, che è sostenuta da una cooperativa di mamme che partecipano al lavoro delle insegnanti, affiancandole tutti i giorni, perché non ci sono fondi sufficienti per aumentare il numero delle educatrici.

 

Devo dire che è stato tutto molto istruttivo e una cosa dovrebbe insegnarci, tutto questo,… ad accontentarci e ad apprezzare l’abbondanza nella quale viviamo… ma forse anche a metterla in discussione.

 

Daria Quaglia
Coordinatrice pedagogica